IL CULTO di S. CASTO M.,
I° VESCOVO E PATRONO DELLA DIOCESI Dl CALVI
Pur senza nulla togliere alla credibilità della Tradizione, ovviamente più prolissa ed episodica, sembra sufficiente, oltre che più conveniente, riportare ciò che della vita e martirio del I° Vescovo e Patrono Principale di tutta la Diocesi di Calvi si legge nel "Proprium Sanctorum" traducendolo testualmente dalla lingua latina: "Casto, che si venera quale 1° Vescovo di Calvi, dopo d'aver rinnegata l'avita superstizione, si diede aIla sequela di Cristo. Subito, abbandonati gli allettamenti e le seduzioni del secolo, per niente atterrito dalla crudeltà del tiranno e dall'atrocità dei tormenti, iniziò immediatamente a professare, confermare e diffondere la Religione abbracciata e tanta era la profusione delle virtù di cui rifulgeva, che facilmente era dato constatare essere egli pervenuto al sommo apice della perfezione cristiana".
Si può appena immaginare quanti, rinunziando, sul suo esempio, alla falsa religione dei gentili, abbiano abbracciato la religione cristiana.
Elevato alla dignità episcopale, è difficile dire quanto si sia adoperato per condurre il gregge a lui affidato sulla retta via della salvezza.
Favorito da Dio del molteplice potere dei miracoli, molto spesso restituì la vista ai ciechi e la sanità agli storpi ed afflitti da varie malattie. In maniera particolare, la sua portentosa prerogativa rifulse nel liberare gli energumeni dal maligno.
Intanto, i sacerdoti degli idoli, temendo che dall'operato di Casto fosse potuta essere distrutta la loro religione, lo accusarono presso Messalino, Preside della Campania. Costui, posta in vari modi, ma inutilmente alla prova la costanza di Casto nella fede, ordinò, presso la città di Acquaviva, che fosse percosso con verghe e bastoni e poi, insieme a Cassio, Vescovo di Sinuessa, bruciato vivo.
Usciti i Santi Vescovi miracolosamente illesi da quelle fiamme ed attribuendo ciò Messalino ad opera di magia, li fece condurre nel tempio di Apollo, perché offrissero incenso all'idolo. Ma, mentre erano tutti colà riuniti, improvvisamente, il tempio crollò seppellendo sotto le sue rovine tiranno e popolo e lasciando sani e salvi soltanto Casto e Cassio.
Finalmente, condotti da Acquaviva a Sinuessa e sottoposti prima alla lapidazione, trafitti poi dalla spada, gli invitti atleti di Cristo ottennero la palma del martirio. Subito i Calvesi elessero a loro Patrono il Vescovo che così intrepidamente aveva sparso il sangue per Cristo e con ogni onore ne nascosero il Corpo nella Cattedrale di Calvi.
Ancora oggi un Braccio di esso viene esposto alla pubblica venerazione.
Tale il racconto della vita e martirio del 1° Vescovo della Diocesi di Calvi, S. Casto, quale si legge nel "Proprium Sanctorum pro Diocesi Calvensi", nel giorno della sua festa liturgica, il 22 maggio. Ovviamente esso è meno abbondante e ricco di episodi di quello pervenutoci dalla Tradizione ma, nella sostanza, non se ne discosta molto.
Secondo la Tradizione, per 39 giorni le Sacre Spoglie rimasero insepolte, fino a quando, nella notte del 1° Luglio dello stesso anno, 66 d.C., alcuni devoti di Calvi, raccoltele nascostamente, le trasportarono nella loro cittadina, seppellendole in una località rimasta per molto tempo segreta, quasi sicuramente quella su cui, agli inizi del IV secolo, il Vescovo di Calvi, Calepodio (307), il 1° di cui si abbia ufficialmente notizia dopo S. Casto, eresse il primo altare in suo onore e dove, nel corso dello stesso secolo IV, venne costruito il primo tempio (la Cattedrale di Calvi), dedicata a S. Casto Vescovo e Martire.
Di tale tempio, denominato in seguito "S. Casto Vecchio", non restano, al presente, che pochissimi ruderi, sotto la campata del ponte dellAutostrada del Sole, a poca distanza dal parcheggio "Cales", in direzione Nord.
All'origine, fu una basilica cimiteriale ad una sola navata, orientata a settentrione invece che ad oriente, come quasi tutti gli edifici sacri del tempo.
Alla fine del secolo VIII, fu trasformato in basilica a tre navate. Un secolo dopo, venne completamente distrutto, insieme all'antica Cales, nella feroce lotta accesasi tra i nipoti del Vescovo -Conte di Capua - Pandolfo.
Ricostruito, poi di nuovo distrutto, fu rifatto per la quarta volta, dopo l'anno Mille, rimanendo aperto al culto fino al 1782, quando, dichiarato ormai inagibile, venne abbandonato definitivamente.
Aveva sicuramente una "Cattedra Vescovile", vista dallo storico Cerbone alla fine del XVII secolo, con immagine ed iscrizione di S. Casto V.M., senz'altro molto più antica di quella che, attualmente, s'ammira nella Cattedrale di Calvi, ornata sì di artistici mosaici, a disegno geometrico, nei braccioli e nella cuspide, ma senza né immagine né iscrizione di S. Casto. Di essa purtroppo non si è trovata più traccia.
Al presente, come si diceva, dell'antica Basilica paleocristiana del IV secolo non restano che pochissimi ruderi, in completo abbandono: una parte dell'abside ed una del muro della primitiva facciata.
LA RELIQUIA DEL S. PATRONO
Come già riferito, il Corpo di S. Casto, dopo il martirio della decollazione (22 Maggio 66 d. C.), rimase insepolto per ben 39 giorni, fino a quando cioè, il 1° Luglio dello stesso anno, alcuni cristiani calvesi, raccoltolo nascostamente, lo trasportarono dalla città di Sessa a Calvi, dove rimase per 9 secoli esatti.
Nell'anno 966 d. C., infatti, Landone, Duca di Gaeta, rapitolo nottetempo, lo trasportò in quella città.
All'epoca, era Vescovo di Calvi Andrea Diacono il quale, venuto a conoscenza della cosa, cercò il corpo del S. Martire e, dopo due anni, ne ottenne dallo stesso Landone una Reliquia (un braccio).
Nel 1520 il Vescovo Giovannantonio Del Gallo fece costruire una Teca d'argento, a forma di braccio, includendovi la S. Reliquia, con la spesa di 50 ducati offerti, a tale scopo, da un devoto di S. Casto, tale Giovanni Antonio Pellecchia.
Non essendo però bastata tale somma, furono venduti anche i paramenti sacri forniti dalla stessa famiglia Pellecchia alla Cappella detta delle Reliquie nella Cattedrale di Calvi, a sinistra dell'Altare Maggiore. Un altro Vescovo, Mons. Gennaro Filomarino (1623-1650) fece adattare al Braccio d'argento un piedistallo di "ramocipro". Tutta la Teca era alta circa 40 cm.; la S. Reliquia che si esponeva alla pubblica venerazione nei giorni 21 e 22 Maggio (questultimo, giorno della morte, "dies natalis" di S. Casto), era conservata in una nicchia, di marmo finissimo, posta su di un antico altare della Cripta della Cattedrale. Il resto del Corpo di S. Casto rimase al Duomo di Gaeta.
Il 23 Maggio 1858, nella notte seguente alla festività del S. Patrono, la preziosa Teca d'argento contenente la S. Reliquia (il braccio) fu trafugata da ignoti ladri. Dolentissimo di tale perdita, il Capitolo Cattedrale di Calvi si rivolse all'Arcivescovo di Gaeta del tempo, Mons. Filippo Gammarota, per avere un'altra Reliquia del S. Protettore.
Furono a ciò deputati due Canonici: D. Antonio Izzo, eletto più tardi Vescovo di Isernia e Venafro, e D. Michele Castagna di Sparanise.
Accolti benevolmente dal suddetto Arcivescovo, ottennero dallo stesso una Reliquia del Cranio di S. Casto, quella che al presente si espone alla venerazione dei fedeli nel giorno della Sua Festa liturgica, il 22 Maggio.
Il culto e la reliquia di San Casto
Patrono della Diocesi "Teano-Calvi" e Protettore di Calvi Risorta
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nel 1931° ANNIVERSARIO del MARTIRIO
22 Maggio 66 d.C. - 22 Maggio 1997
PREGHIERA A SAN CASTO
Glorioso San Casto, Vescovo e Martire, Patrono della nostra Chiesa di Teano-Calvi e Protettore di Calvi Risorta, Tu che hai testimoniato la fede e lamore a Gesù Cristo in tutta la vita fino alleffusione del Sangue, ottieni a noi, alle nostre famiglie, alla nostra Diocesi la perseveranza nella fede e nellamore a Dio e ai fratelli in tutti i giorni della vita. Amen.
(Con approvazione ecclesiastica)
San Casto: risposte a domande
La "Grotta dei Santi":